giovedì 24 maggio 2007

CASO VISCO

IL GIORNALE

Altri tre generali accusano Visco di Gianluigi Nuzzi - giovedì 24 maggio 2007

Dopo le accuse di pressioni, minacce e ingerenze rivolte dal comandante generale Roberto Speciale a Visco, altri tre generali di corpo d’Armata della Guardia di Finanza puntano l’indice contro il viceministro dell’Economia. Confermando, parola per parola e per quanto a loro conoscenza, fatti, iniziative e anomale sollecitazioni riferibili a Visco. Si tratta quindi di preziose conferme a quanto già messo a verbale dal numero uno della GdF Speciale nel suo interrogatorio del 17 luglio. I due generali hanno firmato verbali resi ai magistrati milanesi e che Il Giornale ha potuto visionare. Si tratta del generale Italo Pappa, all’epoca comandante in Seconda, di Sergio Favaro, capo dei reparti di istruzione, e di Emilio Spaziante all’epoca capo di Stato Maggiore.

«Ordine di Visco»
Sia Favaro che Pappa confermano che fu Visco a chiedere loro l’azzeramento dell’intera gerarchia della GdF in Lombardia. Ecco le parole di Favaro: «Il 13 luglio sono stato convocato telefonicamente per un incontro alle 15.30 con l’on. Visco. (...) Dal ministro Visco mi fu segnalata l’opportunità di valutare che nel piano di assestamento fossero ricompresi gli ufficiali di dirigenti di Milano ad esclusione del comandante Interregionale. (...) Il discorso della sostituzione degli ufficiali dirigenti di Milano fu una proposizione del ministro Visco». Sulla stessa linea Pappa: «Il viceministro Visco mi rappresentava (durante l’incontro del 13 luglio alle 15, ndr) l’opportunità di valutare la possibilità di movimentare ad altri incarichi di alcuni ufficiali della sede di Milano». Entrambi confermano che Visco non indicò «motivazioni specifiche - le parole di Pappa - per trasferire gli interessati». Spaziante afferma invece di aver saputo da Pappa e Favaro che Visco voleva i trasferimenti. È quindi ha confermato che fu proprio Visco a ordinare gli avvicendamenti.

Gdf commissariata
Ma è anche confermato che sempre il viceministro dispose che gli avvicendamenti dovevano essere decisi da Pappa e Favaro per poi essere vistati da Speciale. Mentre la normativa indica nel comandante generale l’unico soggetto tributato a decidere i trasferimenti. Ad ammettere quest’inversione gerarchica e ad attribuirla a Visco sono proprio i due generali. «Dal viceministro Visco - sostiene Favaro - fu rimesso al comandante generale, al comandante in seconda e a me di individuare concordemente i sostituti. Per Visco gli ufficiali di Milano trasferiti non avrebbero dovuto essere nelle nuove destinazioni in alcun modo danneggiati». Pappa è ancor più preciso: «Il viceministro - afferma - mi precisava che si rimetteva alle scelte effettuate dallo scrivente d’intesa con il gen C. A. Favaro e successivamente concordate con il comandante generale». Pappa ubbidisce a Visco, predispone l’azzeramento, le sostituzioni: «Nel pomeriggio (dopo l’incontro con Visco, ndr) con Favaro proposi a Speciale un elenco di ufficiali sostitutivi di quelli eventualmente da avvicendare». Predisposti i cambiamenti, Favaro e Pappa li sottopongono quindi al comandante generale. I ricordi di Pappa si sovrappongono a quelli di Favaro: «Pappa ed io, ci incontrammo con Speciale nel suo ufficio. Gli rappresentammo un’ipotesi di trasferimenti cui Speciale apportò modifiche riguardanti il gen. Forchetti».

Visco anomalo
Di fronte ai magistrati Favaro mostra imbarazzo. Capisce che la situazione è insolita. E prende le distanze da Visco. Da quella convocazione nell’ufficio del viceministro del 13 luglio. Con Visco che impartiva ordini. «Certamente io non dovevo essere consultato - sostiene Favaro - se non eventualmente come membro del Consiglio Superiore». E l’affondo contro il viceministro: «Indubbiamente il fatto dell’intervento di Visco che mi convocò per i trasferimenti mi colse di sorpresa non essendovi precedenti di cui io sia a conoscenza».

Convincere Minale
Spaziante conferma invece la versione di Speciale su un altro punto critico: la risposta concordata tra Pappa e Favaro, da dare al procuratore capo di Milano Manlio Minale, allarmato per i trasferimenti. Conferma anche i numerosi solleciti ricevuti dallo staff di Visco e indicati da Speciale.





Favaro alla Procura: "Mi accorsi che questo caso aveva anomalie"
di Redazione - giovedì 24 maggio 2007, 07:00

- Pubblichiamo stralci del verbale di deposizione del generale delle Fiamme gialle Sergio Favaro all'Avvocato generale Manuela Romei Pasetti. Favaro ripercorre le vicende delle presunte pressioni di Visco per il trasferimento di quattro ufficiali della Finanza -
L’anno 2006, addì 06 dicembre, alle ore 10.30, presso gli uffici in intestazione, viene redatto il presente verbale.
Avanti all’Avvocato generale - dott.ssa Manuela Romei Pasetti -, è presente il Gen. C. A. Sergio Favaro - Comando Generale Guardia di Finanza.
Richiesto di chiarimenti in relazione alle note del Procuratore delle Repubblica di Milano, datate, rispettivamente, 01.06.2006 e 14.07.2006, il predetto dichiara:
* «(...) Della situazione milanese del mese di luglio 2006 non ero a conoscenza anche perché, essendo Ispettore di Istruzione, non faccio parte del Comando Generale».
* «Le prassi della procedura amministrativa che concerne i trasferimenti degli ufficiali sono state mutevoli nel tempo; i due Comandanti precedenti all’attuale, dopo avere redatto il piano dei trasferimenti predisposto con l’intervento del capo di Stato Maggiore e degli uffici competenti, lo sottoponevano al Consiglio superiore del Corpo per chiedere il parere sui singoli movimenti. L’attuale Comandante non ha seguito questa prassi di chiedere il parere del predetto Consiglio Superiore. Nel caso dei trasferimenti di luglio 2006, il Comandante Speciale ha convocato per il parere il Consiglio Superiore del Corpo solo in data 29 luglio 2006. Preciso comunque che in tale circostanza l’oggetto dell’incontro non era il piano ordinario ma il piano di assestamento di quello già disposto in precedenza».
* «Non ci sono disposizioni che impongano il parer consultivo del Consiglio Superiore ovviamente sui trasferimenti degli ufficiali del Corpo».
* «Il 26 giugno 2006 il Comandante Generale, nell’incontro con il vice ministro Visco, prospettò un’ipotesi di impiego dei dirigenti sempre quale piano di impiego dei trasferimenti. Io ne ebbi notizia, ma non essendo nella linea gerarchica, non la conobbi direttamente. In base agli elementi a mia conoscenza sapevo che questa ipotesi del 26 giugno non riguardava gli ufficiali di Milano».
* «Il 13 luglio 2006 sono stato convocato telefonicamente per un incontro alle 15.30 con l’on. Visco. Quando mi recai nella sede di piazza Mastai incontrai il gen. Pappa che usciva dall’incontro. Non ricordo chi mi avesse detto che anche Speciale sarebbe stato successivamente convocato. Subito dopo la telefonata io avvertii della convocazione il capo della segreteria generale di Speciale in sua assenza».
* «L’oggetto dell’incontro con Visco fu la richiesta di delucidazione sui criteri che governavano gli avvicendamenti dei dirigenti della GdF. Feci presente di non condividere alcune delle linee ultimamente adottate e particolarmente quelle in materia di concessione di ricompense per lodevole comportamento e quelle di attribuzione di alcuni incarichi. (...) Avevo già fatto presente il problema delle ricompense in sede di Consiglio, avendone parere unanime conforme ai miei rilievi».
* «Dal ministro Visco: A) non mi fu fatto riferimento ad alcuna attività che avessero posto in essere in sede di Polizia giudiziaria gli ufficiali di Milano, ma mi fu segnalata l’opportunità di valutare che, nel piano di assestamento, fossero ricompresi gli ufficiali dirigenti di Milano ad esclusione del Comandante Interregionale. B) Fu rimesso al Comandante Generale, al Comandante in Seconda e a me, di individuare concordemente i sostituti. C) Gli ufficiali di Milano trasferiti non avrebbero dovuto, nelle nuove destinazioni, essere in alcun modo danneggiati e si sarebbe dovuto tener conto delle loro situazioni personali. Comunque, il contenuto dell’incontro con l’on. Visco è riportato nella lettera del 26 luglio 2006 diretta al Comandante Generale della G. di F. cui ho già fatto riferimento sopra».
* «Il discorso della sostituzione degli ufficiali dirigenti di Milano fu una proposizione del Ministro mentre si discuteva di criteri seguiti nei trasferimenti del quadro dirigente. Non fu fatto riferimento di alcun genere a comportamenti tenuti dagli Ufficiali a Milano».
* «Al ritorno al Comando sono andato nell’ufficio di Pappa dove ci raggiunse il Spaziante, probabilmente chiamato da Pappa. Per poco tempo fu presente anche il col. Rapanotti. In tale frangente il gen. Spaziante fu informato dell’incontro con il ministro Visco e in particolare sul fatto che le ipotesi di trasferimento riguardanti anche Milano, avrebbero dovuto essere concordate tra il gen. Pappa, il gen. Speciale e me».
* «Non ricordo se in questa circostanza il gen. Spaziante abbia chiesto le ragioni dei trasferimenti dei dirigenti di Milano e non ricordo neppure se fu fatto allontanare affinché io parlassi da solo con il gen. Pappa; lo escluderei».
* «Durante tali colloqui il gen. Pappa e io rappresentammo un’ipotesi di trasferimenti cui il gen. Speciale apportò modifiche riguardanti, tra l’altro, il gen. Forchetti. Neppure in tale circostanza fu fatto riferimento a eventuali comportamenti non in linea degli ufficiali di Milano. Nessuno di noi, compreso il gen. Speciale si interrogò sulle ragioni di questo massiccio intervento di trasferimento degli Ufficiali della Guardia di Finanza di Milano».
* «Dopo il colloquio delle ore 18.00 del giorno 13 luglio non ho avuto alcun elemento di conoscenza sull’ulteriore sviluppo della procedura. Tale fatto è normale e va correlato all’incarico che assolvevo all’epoca al di fuori della struttura del Comando Generale».
* «Non mi è stata mostrata né comunicata in alcun modo conoscevo la missiva del Procuratore della Repubblica di Milano 14 luglio 2006 con la quale si chiedevano delucidazioni in merito ai trasferimenti in questione».
* «Escludo, non avendo visto la lettera 14 luglio 2006 del Procuratore della Repubblica di Milano che io abbia potuto il 17 luglio 2006 comunicare telefonicamente al gen. Spaziante di avere avuto disposizioni dall’on. Visco di concordare la risposta al Procuratore Minale, unitamente al gen. Pappa e al gen. Speciale che, quale destinatario della lettera, avrebbe dovuto rispondere. Non è possibile, perché non ho visto la lettera».
* «Può essere che il 29 luglio 2006, ma sarei portato a escluderlo, in sede di Consiglio Superiore quando il Comandante Generale riassunse l’evoluzione del problema collegato a questi trasferimenti possa essere stato riferito il contenuto della lettera del Procuratore della Repubblica di Milano».
* «Con l’on. Visco mi incontrai occasionalmente a un concerto di beneficenza, organizzato dalla Guardia di Finanza, che si è svolto la settimana scorsa a Roma e successivamente non trattai in nessuna circostanza della problematica dei trasferimenti degli ufficiali dirigenti di Milano».
* «Non conosco né mi sono mai posto di conoscere le ragioni che dopo la pianificazione dei trasferimenti di marzo 2006 e l’assestamento del 26 giugno 2006, possano avere indotto il viceministro a chiedere di disporre ulteriori trasferimenti concernenti i dirigenti di Milano. Non essendo del Comando Generale non ho avuto neanche il tempo di documentarmi circa le date di assegnazione degli incarichi in atto ai trasferendi ufficiali dirigenti. Mi sono occupato solo della problematica personale di Lorusso perché nota».
* «Mi sono reso conto che in tutta la vicenda vi erano anomalie a partire dalla presentazione del piano di assestamento del 26 giugno 2006 direttamente dal gen. Speciale all’on. Visco senza preventive consultazioni. Certamente io non dovevo essere consultato se non eventualmente come membro del Consiglio Superiore. Ma non so neppure se furono consultati il Comandante in Seconda e il capo di Stato Maggiore».
* «Indubbiamente il fatto dell’intervento del Ministro che mi convocò per i trasferimenti mi colse di sorpresa non essendovi precedenti di cui io sia a conoscenza».
* «Il Ministro non fece alcuna segnalazione circa i nominativi degli ufficiali che avrebbero dovuto sostituire gli ufficiali di Milano interessati al trasferimento. La scelta era rimessa alle indicazioni concordi del gen. Speciale, Pappa e mio. Ebbi la sensazione che non volesse proprio conoscere i nominativi degli ufficiali che avremmo individuato in sostituzione. Posso escludere nella maniera più assoluta che sia stato fatto dal Ministro o dal gen. Pappa riferimento a comportamenti non consoni o attività svolte dalla Guardia di Finanza di Milano».



Gelo con Di Pietro per una battuta e le critiche in tv
di Redazione - giovedì 24 maggio 2007

da Roma

Per Antonio Di Pietro «il caso Visco è una di quelle vicende poco chiare che non nobilitano le azioni del nostro governo». Il ministro per le Infrastrutture chiede che il numero 2 dell’Economia spieghi «le vere ragioni che l’hanno indotto a fare la richiesta», a luglio, al comandante generale della Guardia di Finanza, Roberto Speciale, di trasferire gli ufficiali che in Lombardia si occupavano della scalata Bnl. Rompe così la sintonia dell’esecutivo Prodi, che vuole archiviare al più presto la vicenda.
Raccontano che nella riunione del Cipe di ieri, prima del Consiglio dei ministri, Di Pietro se ne sia uscito con una battuta acre rivolta a Visco che dimostra il suo atteggiamento critico. Si parlava della convenzione per l’autostrada Asti-Cuneo e Visco sembrava tesissimo. Il leader dell’Italia dei valori non ha resistito all’idea di sfruculiarlo o forse è stato un lapsus, chissà. Comunque, indicando delle carte tecniche, ha detto: «Le ho mandate a Padoa-Schioppa, a te e anche alla Guardia di Finanza». Risate generali e Visco ancora più nero.
La mattina, a Omnibus su La7, Di Pietro aveva detto che «mandare via chi conosce tutti gli atti di indagini delicatissime, come quelli della Unipol, della Bnl e dei “furbetti del quartierino”, equivale a decapitare l’intera testa investigativa e far ricominciare le indagini da capo». Insomma, una cosa grave. Ha detto il ministro: «Se le preoccupazioni dei cittadini di un livellamento al ribasso del senso etico della politica non sono prese di petto e noi del centrosinistra stiamo a guardare, tergiversando invece di prendere posizioni e rispettare le promesse degli elettori, rischiamo di essere uguali agli altri».
In un’intervista al Corriere della Sera, Di Pietro osserva che anche se il premier accusa la Cdl di far propaganda e se «è un fatto» che «a una settimana dalle elezioni venga rispolverata una vicenda sviscerata nelle sedi giudiziarie e politiche», è anche «un fatto» che «l’evento non ebbe conseguenze solo per la determinazione del comandante della Gdf a resistere alle pressioni e per l’intervento del procuratore generale di Milano». Prodi a luglio ha difeso Visco come oggi, ma per Di Pietro «purtroppo fu indotto in errore». E consiglia, la prossima volta, di parlare «direttamente» col generale Speciale, prima di andare in Parlamento.




Parisi gela i Ds: «Il problema esiste» E nei Dl c’è il partito delle dimissioni
di Laura Cesaretti - giovedì 24 maggio 2007

da Roma

A sera, quando le agenzie di stampa battono le parole del ministro Parisi sul caso Visco, diventa chiaro quel che al Botteghino si paventava da martedì.
Il Partito democratico e il suo mega-comitato battezzato ieri non bastano a tenere insieme Ds e Margherita, il fronte si è subito incrinato. E si ripropone l’identico scenario della famosa «estate dei furbetti» del 2005, con la Quercia sotto assedio per il caso Unipol e i Dl ad accusarli.
Arturo Paris pesa le parole, ma il senso è chiaro e la presa di distanza pure: «I fatti sono ancora in discussione. Abbiamo delle versioni degli eventi che sono significativamente diverse tra loro. Io devo stare alla posizione del governo. Non mi permetterei mai di sostituirmi nel giudizio, senza aver verificato di persona».
Tuttavia, prosegue, «riconosco che il discorso è aperto e che il problema debba essere affrontato nelle forme adeguate, sia della politica, sia dell’ordinamento». Ricorda la sua dura intervista del 2005 sul caso Unipol, e spiega: «Non sollevai la questione morale, ma dissi che, se non si interveniva tempestivamente sulle regole e sui modi di procedere nei rapporti tra politica ed economia, sarebbe scattata una miscela esplosiva di populismo, moralismo e giustizialismo. Una miscela che adesso è al centro dell’attenzione». A questo punto, conclude, «ognuno deve fare la sua parte: anche nel rapporto tra potere politico e potere tecnico ci deve essere il rispetto assoluto delle regole». Negli ambienti della Margherita si consiglia «una soluzione rapida» ma si aggiunge subito che «è difficile per Prodi avere la forza di imporla ai Ds». E la soluzione, nel partito di Rutelli sembra essere solo una: le dimissioni di Visco.
E’ noto che tra Parisi e Rutelli non c’è grande sintonia politica, ma stavolta gli uomini del vicepremier applaudono e sottoscrivono, parola per parola, l’intervento del ministro della Difesa. «Rutelli - ricordano - fu il primo fin da allora a denunciare che la vicenda Unipol era una brutta storia, e alla fine i fatti ci diedero ragione. E non è un caso se sulla vicenda Visco abbiamo scelto di non dire una parola: che potremmo dire? Meglio stare zitti».
E in effetti per due giorni la Margherita non ha aperto bocca, nessun suo esponente ha speso una parola in solidarietà con il viceministro diessino sotto accusa. Tranne il capogruppo dell’Ulivo Dario Franceschini, che ieri pomeriggio ha rotto il fronte del silenzio con una difesa del «senso dello Stato e del rigore istituzionale» di Visco, attaccando il «tentativo di strumentalizzare fatti già affrontati e chiariti». «Parla a nome dell’Ulivo, non poteva esimersi», dicono i rutelliani. «Glielo avrà chiesto Massimo D’Alema», aggiunge perfido il dl Enzo Carra. Secondo il quale «sta partendo la gara vera per la leadership del Partito democratico, e per alcuni protagonisti è la partita della vita. Dunque nessuna arma verrà risparmiata, neppure quelle giudiziarie». Il rutelliano Ermete Realacci allarga le braccia: «Che posso dire? Non conosco i fatti, è la parola di Visco contro quella del generale Speciale: uno dei due mente. Se fosse successo in un altro paese, il premier avrebbe chiamato i due e chiesto conto, per chiarire subito. Certo se fosse vero che c’è stata una pressione per il trasferimento saremmo davanti ad un atto di arroganza del potere politico».
Al Botteghino hanno accusato il colpo: «Non pensavamo che la Margherita si sarebbe stracciata le vesti per difendere Visco - spiega un dirigente fassiniano - ma che gli amici e compagni che oggi fanno parte del nostro stesso partito restassero così gelidi e defilati no, non ce lo aspettavamo».
La questione Visco è stata al centro della riunione di segreteria di martedì, in un clima da accerchiamento: «Siamo nel mirino di una campagna volta a indebolirci - dice un esponente ds - e c’è chi la cavalca anche dentro il Pd, perché dopo i congressi Ds e Dl è stato chiaro che noi siamo e restiamo la forza egemone». Piero Fassino è molto preoccupato: «Non possiamo reagire a questo clima di montante anti-politica arroccandoci, dobbiamo trovare un’iniziativa forte per uscire dall’angolo», ha ragionato con i suoi. Già, ma quale?

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