venerdì 14 settembre 2007

Sinistra con linguaggio reazionario


di Gianni Baget Bozzo - 13 settembre 2007

La manifestazione bolognese di Beppe Grillo non è uno spettacolo che possa qualificarsi nella categoria dello scherzo, del gioco verbale, della rappresentazione fine a se stessa. È un fatto politico; i motivi a cui si rifà hanno per oggetto la società occidentale, vista come insieme di strutture che sfruttano il popolo. Nel suo attacco diretto alla democrazia vi è qualcosa che ricorda più l'estrema destra che l'estrema sinistra, il «vaffà» evoca più il linguaggio dell'«aula sorda e grigia» che non quello della sinistra radicale. Vi è, alla base, quella critica della società borghese da cui possono nascere sia l'estrema destra che l'estrema sinistra. Indica che vi è nel nostro popolo una disaffezione alla democrazia, inclusa in un quadro generale che riguarda tutto il sistema sociale. Nella sinistra vi è sempre una mediazione della ragione, anche quando termina con la violenza; qui vi è una protesta che riguarda la democrazia come procedura, l'essenza della politica occidentale. Non è un caso che il movimento preveda a settembre un incontro a Bologna contro Cofferati, in cui i cittadini dovranno indicare nomi alternativi alla candidatura a sindaco. Cofferati è un socialdemocratico e l'attacco alla socialdemocrazia è sempre il primo obiettivo dei movimenti antidemocratici di destra. Ma il movimento di Grillo nasce a sinistra, esprime la differenza tra un popolo e il sistema di potere in cui la sinistra è così insediata.

Ma la coalizione di sinistra ha accolto positivamente le parole della manifestazione, cercando d'includere il suo linguaggio antidemocratico nei temi del Pd e dell'Unione. Grillo è stato compreso e legittimato da esponenti della maggioranza come Bertinotti. Nel suo complesso, quel linguaggio è stato accettato dalla cultura di sinistra, nonostante fosse diretto contro di essa. La sinistra ha occupato tutto il potere in Italia e moltiplicato i centri in cui collocare personale politico, si è radicata come partito nelle istituzioni. È a sinistra che è stato posto questo problema, con il libro di Cesare Salvi sul costo della democrazia. Ed è inevitabilmente rivolta a sinistra l'indicazione della «casta» nel libro di Rizzo e Stella, fondamento teorico di questo movimento del «vaffà». Ma perché la sinistra è silenziosa o benevola verso un movimento che vuole abolire i partiti e che è rivolto specificamente contro il suo personale politico? Perché è mancata una censura anche da parte diessina verso un così duro attacco al sistema dei partiti e alla democrazia?

La sinistra ha creato una linea di delegittimazione totale di Berlusconi che ha finito per dividere il Paese tra berlusconiani e antiberlusconiani. Le elezioni 2006 dovevano essere la rimozione morale dell'uomo criticato in tutto il mondo come un fatto antidemocratico perché emergeva fuori del sistema dei partiti, creando però una forma di partecipazione democratica che gli ha riunito attorno mezza Italia. Delegittimare Berlusconi ha finito con il delegittimare la parte quasi maggioritaria della società. Il Paese non era mai stato così diviso senza mediazioni. Ciò ha creato un problema alla democrazia: la sinistra deve accogliere in nome dell'antiberlusconismo tutti i linguaggi che si pongono come sinistra anche se critici della democrazia. Deve bloccare attorno a sé tutte le posizioni, anche le più diverse, e costituire il fronte antiberlusconiano, essenza della sua politica. Anche Grillo dev'essere incluso nel conto della sinistra anche se parla un linguaggio d'estrema destra. Certo, anche il linguaggio di Grillo è un segnale della crisi della democrazia nata dalla delegittimazione di metà del Paese compiuta dall'altra parte.

Gianni Baget Bozzo
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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