sabato 1 settembre 2007

«La gente è furiosa Da questi politici poca responsabilità»


di Gian Maria De Francesco - sabato 01 settembre 2007

Correva il 24 gennaio del 2001. Il deputato di Forza Italia Marco Taradash, nel corso del question time, interrogò il ministro del Lavoro, Cesare Salvi, sulle necessarie contromisure da adottare per evitare che lo scandalo di «Affittopoli» si trasformasse in «Svendopoli» attraverso la cessione a prezzi di favore degli immobili affittati a poche centinaia di migliaia di lire. Salvi cercò di rassicurare Taradash con un’ampia disamina dei provvedimenti fin lì adottati.

A oltre sei anni di distanza, però, i timori si sono trasformati in realtà: immobili nel centro di Roma di proprietà di enti pubblici sono stati ceduti a rinomati inquilini a prezzi, per così dire, «di favore». Oggi Salvi è presidente della commissione Giustizia del Senato e leader di Sinistra democratica. Le idee, però, non sono cambiate e il biasimo nei confronti della casta è forte. E lo ribadisce in un’intervista al Giornale.

«Mi fate tornare nel passato».

Presidente Salvi, è il passato che non passa mai. Quando lei era ministro del Lavoro cercò di bloccare la malapianta di «Affittopoli» proprio per evitare la deriva attuale. Come si orientò?

«In primo luogo emanai una direttiva sugli immobili di pregio perché con questa mania delle privatizzazioni c’era il rischio di privilegi a inquilini eccellenti. Ovviamente, gli enti previdenziali devono concentrarsi sulla loro missione e non essere agenti immobiliari. Per questo motivo furono emanate una legge e una circolare per stabilire che i locatori di immobili degli enti hanno diritto a un acquisto basato sul prezzo di mercato scontato del 30%, il valore medio dello sconto che si applica quando l’immobile è affittato. Sconto che ovviamente non si applica agli immobili di pregio».

E quando scoppiò «Affittopoli»?

«Quando montò la polemica a mezzo stampa emanai una circolare con la quale bloccai la vendita degli immobili di pregio ai vip. Chiesi a Stefano Rodotà, allora Garante della privacy, se si potevano rendere noti i nomi degli inquilini che avevano incarichi pubblici. Egli rispose che l’interesse pubblico in quel caso attenuava il diritto alla riservatezza e diedi direttiva di fare un elenco degli inquilini vip».

Però gli eventi hanno seguito un percorso diverso.

«Per come avevo lasciato le cose c’erano le condizioni perché non accadesse questo fenomeno. Da una parte se ne sono fregati, dall’altra con Scip si è scavalcato il problema. L’ente immobiliare fa prezzi di favore agli inquilini eccellenti. Tremonti per fare prima, e non lo dico per criticarlo, con Scip 1 e Scip 2 ha venduto ai soliti noti: Tronchetti Provera, Pirelli e Generali. I privati si sono comportati in modo non congruo».

C’era anche una controparte. O no?

«Il politico ha una responsabilità in più. Sta’ attento, porca miseria, perché la gente è arrabbiata. Edilizia popolare non se ne fa più, gli affitti sono alle stelle».

Quando lei era ministro aveva predisposto il monitoraggio delle procedure di dismissione. Evidentemente non si è monitorato abbastanza.

«Io feci l’elenco degli immobili di pregio, bloccai la vendita degli alloggi ai vip di modo che nessuno potesse essere ritenuto privilegiato. Certo, c’è stata omessa vigilanza. Poi i politici pensano di poter fare quello che vogliono e poi c’è il patrimonio Ina in mano a Tronchetti e soci. Leggo smentite e non entro nei singoli casi. Pur avendo acquistato da enti pubblici sulla base di protocolli precisi, i privati non hanno dato a queste regole il giusto peso. La vigilanza è importante, un ministro non deve dare solo interviste. Io fui aiutato dalla stampa. L’impiccio è a monte. Io assicurai la massima trasparenza. Quando me ne andai avevo predisposto tutto perché certi casi non si ripetessero».

Ammesso che il suo successore Maroni abbia avuto delle responsabilità, il centrosinistra è tornato al governo da un anno e mezzo.

«I privilegi, come si vede, sono bipartisan e se li tengono stretti».

Lei è autore di una vasta pubblicistica sulle «dismisure» della classe dirigente politica.

«La seconda edizione de I costi della politica ormai sta per uscire, ma si sarebbe dovuto aggiungere un altro capitolo su questa vicenda».

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