giovedì 25 ottobre 2007

Senato: governo battuto piu' volte, verso il voto di fiducia

Roma, 25 OTT (Velino) - Le notizie provenienti da Palazzo Madama configurano un giovedi' nero per maggioranza e governo, complessivamente battuti quattro volte dall'opposizione sugli emendamenti al decreto-legge collegato alla Finanziaria. Una via crucis che potrebbe spingere il governo a ricorrere al voto di fiducia. E in questo senso sembra andare la convocazione per le ore 15 di una riunione dei capigruppo. I colpi ricevuti al Senato gettano ulteriore scompiglio in una coalizione che esibisce in modo sempre piu' plateale il proprio nervosismo e le contrapposizioni interne.
Il premier Romano Prodi prova a rilanciare - e a stoppare le manovre che gli alleati, secondo molti retroscenisti, starebbero organizzando a sue spese - indicando la necessita' di cambiare la legge elettorale (ma non certo nella direzione auspicata dai fautori del modello tedesco) a larghissima maggioranza e di approvare le riforme istituzionali avviate dalla Camera. Riforme che - sottolinea Prodi - non implicano affatto il varo di un governo tecnico. Insomma, il Professore sbarra la strada a quanti nella maggioranza immaginano un percorso alternativo a quello del governo Prodi per condurre in porto le riforme - almeno quella elettorale - prima del voto. Uno scenario tratteggiato martedi' sera anche dal presidente della Camera, Fausto Bertinotti. Che da allora ha a piu' riprese incrociato le lame con Palazzo Chigi a colpi di repliche e controrepliche.
Oggi la terza carica dello Stato - nelle cui considerazioni e' stato colto il riecheggiare di appelli cari al Quirinale - puntualizza: "Se vive il governo, il primo a essere contento sono io". Una precisazione impensabile in altri frangenti, quando il sostegno di Bertinotti al governo sarebbe apparso scontato.
Il presidente della Camera aggiunge che e' si' contento se il governo vive, ma "se questo governo non ce la facesse a vivere non c'e' il diluvio. C'e' un'altra possibilita', se si ritiene che le riforme costituzionali e quella elettorale siano prioritarie". Ancora una volta si riaffaccia per Prodi lo spettro di un esecutivo che sostituisca quello da lui guidato. Un fantasma che indebolisce l'arma prodiana della minaccia di elezioni anticipate. Antonio Di Pietro, ministro delle Infrastrutture e leader dell'Italia dei Valori, indica addirittura la natura, la durata e gli obiettivi dell'esecutivo che potrebbe traghettare il paese alle urne: "Se dovesse cadere il governo Prodi, prima delle elezioni c'e' la necessita' di dar vita a un governo tecnico, che duri magari 60 giorni-tre mesi, per riformare la legge elettorale. Poi si vada pure al voto".
D'altra parte, le defezioni e i veleni di Palazzo Madama non consentono di coltivare illusioni sulle prospettive del governo. Che dovra' presto affrontare un altro calvario, quello della Finanziaria.
Franco Turigliatto e Salvatore Cannavo', esponenti di Sinistra critica, componente minoritaria di Rifondazione, hanno annunciato oggi che non si sentono parte della maggioranza, dunque non voteranno la Finanziaria. E Turigliatto siede a Palazzo Madama. Dove a questo punto – se si escludono i senatori a vita e in attesa che le fughe dalla maggioranza ventilate da Berlusconi trovino conferme ufficiali - l'Unione e' gia' in inferiorita' numerica. Per Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi, ai "secondi di Prodi" non resta che "gettare la spugna".

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