martedì 2 ottobre 2007

L'altra Casta



di Antonio Maglietta - 2 ottobre 2007

Il centrosinistra, con l'ausilio dei sindacati confederali, sta creando nel mondo del lavoro una vera e propria classe intoccabile e privilegiata: l'impiegato pubblico. Già con la scorsa legge finanziaria il governo aveva deciso di conquistare facili consensi con la pianificazione, almeno sulla carta, di una maxi-sanatoria nel pubblico impiego, che avrebbe permesso di trasformare a tempo indeterminato tutti i contratti flessibili. Le stabilizzazioni promesse furono 350.000 ma, ad oggi, dati alla mano, siamo solo a circa 10.000. Peggio ancora è andata ai lavoratori del settore privato. Per loro, nella Finanziaria 2007, se parliamo di parasubordinati, ci sono state solo stangate contributive e nulla più; aumenti perpetrati, tra l'altro, con la beffa di dover pagare di più per una pensione che i giovani forse neanche vedranno.

Ora, seppur con modalità diverse, l'Unione ha nuovamente discriminato i lavoratori privati. Se la Finanziaria 2008 passerà indenne la prova delle aule parlamentari, nella Pubblica Amministrazione si potrà assumere solo con contratti a tempo indeterminato, salvo alcune eccezioni, tra cui si segnalano: i lavori stagionali, gli infermieri del Servizio Sanitario Nazionale e gli Enti locali non sottoposti al patto di stabilità interno e che comunque abbiano una dotazione organica - o personale in servizio - non superiore alle 15 unità. Un impiegato pubblico, quindi, per legge, potrebbe essere assunto solo a tempo indeterminato, mentre un lavoratore del settore privato, peraltro esposto alla concorrenza nel mercato, sarebbe l'unico a doversi sorbire un contratto flessibile.

La conseguenza lapalissiana è che, prevedendo assurdi privilegi a favore del pubblico impiego, si creano ingiuste discriminazioni e fratture nel mondo del lavoro. Ma questo, al governo, sembra interessare veramente poco. I problemi, dalle parti di Palazzo Chigi e nel centrosinistra, sono altri: in primis come mantenere le poltrone e spartirsi il potere. Senza contare, inoltre, che con queste disposizioni e questo modus operandi si danneggiano le tante figure professionali di eccellenza presenti proprio nella Pubblica Amministrazione, che continuerebbero ad essere valutate e gratificate, senza alcuna scala di merito, tanto quanto i loro colleghi nullafacenti o assenteisti. E' da questo punto che bisogna partire se si vuole realmente inserire qualche meccanismo meritocratico e creare i presupposti per una maggiore vitalità e produttività del settore pubblico.

Viste anche le cospicue somme destinate ai rinnovi contrattuali, viene il sospetto che dietro queste disposizioni governative ci sia, come già sembra essere accaduto la volta scorsa, il sindacato confederale. La Triplice sindacale sembra aver scelto gli impiegati pubblici come nuova classe sociale di riferimento, abbandonando definitivamente la classe operaia al suo destino, oramai poco numerosa e ancora meno rappresentativa nel mondo del lavoro. Segno evidente di questa scollatura tra confederali e operai è anche la recente presa di posizione, all'interno della Cgil, della Fiom, che per la prima volta nella sua storia ha preso ufficialmente una strada diversa rispetto alla casa madre. La bocciatura del protocollo sul welfare da parte delle «tute blu» è, infatti, un chiaro segnale in tal senso. Che cosa faranno da grandi Rinaldini e soprattutto Cremaschi ancora non è dato saperlo, ma è certo che non potranno più rimanere a stretto contatto con chi tratta nei tavoli concertativi con la logica del «governo amico» di centrosinistra, alla faccia degli interessi della collettività dei lavoratori...

A questo punto, diventa legittimo chiedersi se proprio chi dice di difendere i diritti di tutti i lavoratoti possa accettare (o forse addirittura favorire) che nel mondo del lavoro si crei una frattura tra super-privilegiati del pubblico impiego e tartassati del settore privato. Per ora sembra di sì.

Antonio Maglietta

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