sabato 6 ottobre 2007

Finanziaria senz'anima


di Antonio Maglietta - 6 ottobre 2007

Si sa che nel governo di Romano Prodi un sì di oggi può benissimo trasformarsi, senza colpo ferire, in un no domani. Se si dà qualcosa per certo, l'unica cosa certa è che non si farà o, alla meglio, si farà in maniera totalmente diversa rispetto a quanto era stato annunciato. Si promette di tutto e di più, per poi fare nulla. Si contratta su tutto e con tutti e l'accordo al ribasso è diventato la norma. Gli interlocutori del governo che avanzano pretese «irrinunciabili», in cambio di un voto favorevole sui singoli provvedimenti, si moltiplicano in maniera esponenziale. Prima c'erano solo i «quattro dell'ave maria» (Giordano, Mussi, Pecoraro Scanio e Diliberto); ora i «malpancisti» sono un vero e proprio esercito. Prodi, per non scontentare nessuno, sembra aver finalmente deciso di tenere una linea autonoma ed equidistante tra le varie anime inquiete della sua variopinta e instabile coalizione. Il decisionismo sembra essere diventata la quintessenza di Palazzo Chigi: decidere sì, ma di fare nulla e rimandare sempre all'infinito. Insomma, se non è la paralisi del sistema, poco ci manca.

Un classico esempio ci viene fornito dalla Finanziaria 2008 (disegno di legge n. 1817, in discussione al Senato). Innanzitutto, a norma di legge, dovrebbe essere presentata alle Camere entro il 30 settembre. In realtà il testo è stato reso disponibile solo il 3 ottobre e l'incongruenza è stata anche palesata a mezzo stampa dalle giuste lamentele di vari senatori. Quanto al contenuto, è evidente che si tratta di una Finanziaria senz'anima, visto che i nodi centrali del welfare e della sicurezza sono stati elusi, e contemplati in testi autonomi che saranno portati all'attenzione delle Camere non si sa bene quando. La questione previdenziale è quella maggiormente paradossale. Ad oggi, a meno di 3 mesi dall'entrata in vigore del sistema previsto dalla riforma del governo Berlusconi, gli italiani ancora non sanno se rientreranno nel modello-Maroni oppure in quello previsto dal protocollo sul welfare del 23 luglio scorso che - è bene ricordalo - dev'essere ancora tradotto in legge. Non sembra essere da meno l'affaire «pubblico impiego». Doveva essere il fiore all'occhiello di una strategia che mirava a conquistare tutti i dipendenti pubblici con regalie come il posto fisso ed intoccabile a vita (per tutti e nessuno escluso, nullafacenti e assenteisti compresi), rinnovi contrattuali migliori in termini economici rispetto ai colleghi del settore privato, sanatorie indiscriminate per tutti e contratti a tempo indeterminato distribuiti a pioggia (ex articolo 1, comma 417, della Finanziaria 2007).

Purtroppo la dea bendata sembra aver mollato Romano Prodi ed il suo famoso «fattore C» sembra essersi trasformato in «fattore D» (disastro). Nel tentativo di accontentare tutti, il governo non sta accontentando nessuno. I precari, sedotti e abbandonati, per essere stabilizzati dovranno far riferimento solo alle norme della Finanziaria 2007 (depotenziata dall'affossamento del «tana libera tutti», l'articolo 1, comma 417), visto che in quella del 2008 nulla si dice in proposito. Qualcosa per loro c'è nella manovra economica, come ad esempio la riserva di posti del 20% nei concorsi, sempre comunque a discrezione delle Amministrazioni (articolo 93, comma 11), oppure la priorità data alle stabilizzazioni qualora l'Amministrazione decidesse di assumere a tempo pieno (articolo 93, comma 6), ma si tratta di poco o nulla. Il rigido rispetto dei limiti delle piante organiche, un parere dato dal ministero della Funzione Pubblica alla Regione Veneto (Parere Uppa n. 11/07 - Prot. n. DFP-0031444-03/08/2007-1.2.3.4: secondo il Dipartimento della Funzione Pubblica non si può procedere alla stabilizzazione, ai sensi dell'articolo 1, comma 558, della legge 296/2006, del personale dipendente a tempo determinato che consegua il requisito dei tre anni di servizio in virtù di una proroga successiva alla data del 29 settembre 2006) e, da ultimo, la novella previsione di future assunzioni nella Pubblica Amministrazione solo attraverso contratti a tempo indeterminato, stanno fissando paletti decisivi che, probabilmente, faranno restare fuori migliaia di precari dalle procedure di stabilizzazione. I manifesti propagandistici del partito dei Comunisti Italiani, che annunciavano baldanzosamente 350.000 stabilizzazioni, suonano come una beffa alla luce della realtà dei fatti.

Non è andata meglio ai vincitori di concorso non ancora assunti. Già la Finanziaria 2007 aveva previsto, per il biennio 2008-2009, il blocco parziale del turnover con la previsione di sole 2 assunzioni ogni 10 cessazioni dal servizio. Ora, quella del 2008 ha previsto che il blocco, nell'ordine di 6 assunzioni ogni 10 cessazioni, sarà prorogato fino al 2010 (ancora non è dato sapere se nelle stesse forme di quello già previsto dalla Finanziaria 2007: 2 assunzioni da concorso e 4 stabilizzazioni, ogni 10 cessazioni dal servizio). E che dire del personale in ruolo? Anche qui si prevedono tempi bui. Le risorse necessarie per i rinnovi dei contratti, peraltro già promessi, non ci sono e la «Triplice» sindacale ha già preannunciato uno sciopero generale per il 26 ottobre se i soldi non verranno fuori. Padoa-Schioppa ha fatto sapere che alla fine ci saranno ma, comunque, come al solito, pone in avanti la risoluzione del problema. Come se non bastasse, è arrivata anche un'indagine dell'Eurispes ad agitare le acque. Secondo l'Istituto, i dipendenti pubblici italiani sono quelli pagati meno in ambito europeo. I lavoratori meglio pagati sono i francesi, che in un anno guadagnano 35.665,9 euro pur avendo la Francia un forte cuneo fiscale che supera di poco il 50%. Anche in Germania il cuneo fiscale è alto (47,4%), ma il reddito netto medio dei lavoratori tedeschi è di 27.110,8 euro annui. Poco più dei tedeschi guadagnano i lavoratori pubblici spagnoli, che in un anno percepiscono 27.622 euro. Nel Regno Unito si ha il cuneo fiscale più basso, pari al 30,4%, e il reddito netto annuo pro-capite ammonta a 26.492 euro. In Italia, i lavoratori pubblici in media percepiscono un reddito annuo netto pro-capite di 23.476,9 euro: oltre 12.000 euro in meno rispetto ai colleghi francesi, oltre 4.100 euro se messi a confrontato con gli spagnoli, oltre 3.600 euro con i tedeschi e circa 3.000 euro in meno dei colleghi britannici.

Insomma, ci sono problemi dappertutto e Prodi gira la testa dall'altra parte per non guardare. Ci sono situazioni delicate da risolvere e non si fa altro che rimandare tutte le decisioni a data da destinarsi, anche quella che risolverebbe gran parte dei problemi: le dimissioni.

Antonio Maglietta

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