venerdì 3 agosto 2007

Privilegi sindacali: i permessi


di Antonio Maglietta - 2 agosto 2007

Si fa un gran parlare dei privilegi della «casta» e l'attenzione critica dei media spesso si rivolge, in maniera anche qualunquistica e demagogica, verso la politica ed i suoi attori. Bisogna precisare, però, che in Italia sarebbe più corretto parlare di «caste» al plurale, visto che sono molte le categorie interessate. E' un dato innegabile che tra queste categorie rientrino a pieno titolo anche i sindacalisti, con la precisazione che, al pari delle critiche rivolte al mondo della politica, se ci sono delle annotazioni da fare, queste devono collocarsi all'interno del limite dettato da alcuni parametri fondamentali come l'eccesso e l'abuso oppure l'estraneità del privilegio rispetto al ruolo o l'attività svolta.

In generale i privilegi sindacali si qualificano in distacchi, permessi e aspettative e, almeno nella Pubblica Amministrazione, il sindacato nostrano sembra avere una certa mano libera. Il contratto collettivo nazionale quadro (CCNQ) sulle modalità di utilizzo dei distacchi, dei permessi e delle aspettative sindacali è stato sottoscritto il 7 agosto 1998 e strutturalmente si divide in tre parti: la prima, oltre a definirne il campo di applicazione, è dedicata all'attività sindacale; la seconda parte è quella che regolamenta l'utilizzo dei distacchi, dei permessi e delle aspettative; la terza comprende le norme finali e transitorie.

I permessi sono uno strumento che conferisce ai dirigenti sindacali la facoltà di svolgere la loro attività esonerandoli dell'obbligo della prestazione lavorativa. I titolari di questi permessi sono indicati all'articolo 10, comma 1, del già citato CCNQ del 7 agosto 1998:

i componenti delle RSU;
i dirigenti sindacali aziendali(RSA) delle associazioni rappresentative ai sensi dell'articolo 10 dell'accordo stipulato il 7 agosto 1998;
i dirigenti sindacali dei terminali di tipo associativo delle associazioni sindacali rappresentative che, dopo la elezione delle RSU, siano rimasti operativi nei luoghi di lavoro nonché quelli delle medesime associazioni aventi titolo a partecipare alla contrattazione collettiva integrativa, ai sensi dell'articolo 5 dell'accordo stipulato del 1998;
dirigenti sindacali che siano componenti degli organismi direttivi delle proprie confederazioni ed organizzazioni sindacali di categoria rappresentative non collocati in distacco o aspettativa.
Insomma, una pletora di persone. Lo stesso articolo, inoltre, nell'indicare i soggetti legittimati a fruire dei permessi, statuisce il fine del loro utilizzo: «per l'espletamento del loro mandato». Una formula generica in cui potrebbe rientrare di tutto e di più ed in cui l'uso potrebbe facilmente trasformarsi in abuso. Infatti, in generale, l'attività sindacale non si esaurisce nella sola attività contrattuale, ma si sviluppa attraverso altre modalità. Per quanto riguarda la partecipazione, a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, con cui è stato abrogato l'articolo 10 del d.lgs. 29/1993, il quale prevedeva un limite circa il diritto d'informazione esercitabile solo relativamente alla qualità dell'ambiente di lavoro e alle misure inerenti la gestione dei rapporti di lavoro, la materia è stata demandata in toto alla contrattazione collettiva. Infatti l'articolo 9 del d.lgs 165/2001, che ha recepito la modifica voluta dal legislatore, recita: «I contratti collettivi nazionali disciplinano i rapporti sindacali e gli istituti della partecipazione anche con riferimento agli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro». Inoltre, l'articolo 48 del d.lgs 29/1993, recante il titolo quanto mai eloquente «Nuove forme di partecipazione alla organizzazione del lavoro», rinvia alla contrattazione collettiva la definizione di nuove forme di partecipazione, dando quindi ulteriormente mano libera agli stessi sindacati in tema di determinazione e regolamentazione delle forme di partecipazione.

E' chiaro che la legislazione corrente, dando ampio potere alla contrattazione collettiva, e quindi di fatto non ponendo alcun limite alla fantasia, rischia di incentivare odiose forme di abuso dello strumento dei permessi sindacali, giocando anche sulla estrema genericità del termine «partecipazione». Il 24 luglio scorso, presso la sede dell'A.Ra.N. (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni), è stata sottoscritta, tra la stessa Agenzia ed alcuni sindacati (alcune sigle non hanno firmato: CONFEDIR, CSE, CGU, CIDA, RDB CUB, USAE), una Ipotesi di contratto collettivo nazionale quadro d'integrazione del CCNQ sulle modalità di utilizzo di distacchi, aspettative e permessi, nonché delle altre prerogative sindacali del 7 agosto 1998. Inutile sottolineare che un auspicabile intervento restrittivo sulla genericità della disposizione «per l'espletamento del loro mandato», in relazione ai fini dell'utilizzo dei permessi sindacali, non c'è stato.

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