di Gianni Baget Bozzo - tratto da Il Giornale del 21 agosto 2007
I sei morti ammazzati di Duisburg, che rievocano le immagini della Chicago degli anni '30, non sono solo una resa dei conti abituale nella comunità di San Luca, sono anche un segno. Indicano la volontà della 'ndrangheta di manifestare la sua potenza finora abitualmente celata, e di far sì che anche in Germania si senta la potenza della cosca calabrese. La nostra storia politica è dominata dalla mafia siciliana, una storia tanto diversa da quella calabrese quanto la Sicilia, terra di incontro di culture, è diversa dalla Calabria, che ha vissuto sia il Medioevo sia l'età moderna quasi isolata in se stessa. La capacità della mafia siciliana di adeguarsi al mondo americano ne ha fatto un'immagine di potenza politica. E la mafia siciliana ha sempre cercato di impostare ad alto livello i suoi rapporti con lo Stato italiano, come aveva fatto la mafia nord-americana. Questo ha fatto della mafia il cavallo di battaglia della sinistra italiana, che accusava la Dc di essere il punto di riferimento delle cosche mafiose. La mafia cercava rapporti con lo Stato perché lo Stato, con cui la mafia entrava in contatto, aveva una legalità forte e un intervento pubblico nell'economia. La mafia poneva un problema politico a livello di Stato nazionale.
La struttura della 'ndrangheta si è rivelata di ben altra natura. E quello che colpisce è la sua tendenza a racchiudersi nel piccolo paese da cui prende origine e ad agire contando sulla emigrazione italiana in Europa. Mentre la mafia trova la sua forza nella capacità di modernizzazione, la 'ndrangheta trova la sua capacità di agire facendo forza sui vincoli familiari all'interno del medesimo paese. Usa il suo arcaismo religioso come forza della propria identità e fa delle famiglie di sangue la sua base naturale. Ci troviamo di fronte a un meccanismo interamente diverso da quello della mafia siciliana, legato a famiglie che hanno il controllo su più territori e che conoscono quindi possibilità di mediazioni.
La nuova possibilità della 'ndrangheta in questo tipo di organizzazione è determinata dalla globalizzazione e dalla diminuzione oggettiva della legalità statuale che essa comporta. Oggi l'immigrazione, la droga, la prostituzione sul mercato mondiale non mediano più con i vertici dello Stato e trovano proprio nella diminuzione della statualità la possibilità dell'illegalità diffusa. Questa rete di piccole famiglie è diventata una realtà che controlla il 3,5% del Pil italiano e indica la potenza cui essa è giunta partendo da paesi poveri che non avevano avuto storia. Che questa organizzazione giunga all'Australia e al Brasile e tratti alla pari con i boss colombiani per il traffico della droga indica una realtà che non è mai apparsa nelle varie storie del Padrino che hanno dominato la politica, la cultura e lo spettacolo del nostro Paese. Le mafie più importanti possono essere oggi non siciliane. E la 'ndrangheta aspira a questo livello. Forse per questo fa sfoggio della sua potenza sulle rive del Reno. La 'ndrangheta, la camorra napoletana e la sacra corona unita pugliese sono fenomeni diversi dalla mafia reclamizzata, che ha dominato la cultura politica del nostro Paese.
Con tante commissioni antimafia che si sono riunite e hanno fatto la storia politica d'Italia dagli anni '80, questa nuova realtà delle mafie del sud peninsulare non è mai apparsa. Sembra che con l'omicidio di Duisburg abbiano voluto far risaltare il loro peso reale. Perché, prima di Duisburg, la camorra che controlla la Campania e la 'ndrangheta che controlla la Calabria non sono mai comparse sul piano dell'attenzione pubblica, come è accaduto con la mafia siciliana, motivo della lotta politica della sinistra contro la Dc? Che Antonio Bassolino venga ora processato come commissario dello Stato per l'ambiente della Campania indica che a livello regionale sono state cercate delle connessioni. Il vero punto di forza della connessione tra Pds e Margherita è nel sud Italia: e Antonio Ghirelli, sul Riformista, nota che il radicamento della maggioranza di governo nella zona delle mafie peninsulari pone un problema al Partito Democratico e alla sinistra.
La globalizzazione ha aumentato l'illegalità internazionale perché non esiste nulla che si possa paragonare a quello che fu lo Stato nella vita nazionale. E ora, senza bisogno di rapporti con lo Stato o con la politica nazionale, le mafie peninsulari diventano una forza propria. E' questo il nuovo modo e la nuova forma che prende la questione meridionale dopo la fine dell'intervento pubblico nazionale e di quello europeo? E' questa la risposta creativa che viene data dalle regioni a sud del Garigliano e a nord dello Stretto? Si capisce bene come una simile questione meridionale comporti una questione settentrionale. Essa sorge dall'impotenza dello Stato come garante della legalità. Mastella risponde a questa sfida annunciando nuove leggi; e questo, di fronte all'impotenza reale dello Stato, diventa un mesto ricordo delle grida manzoniane.
Gianni Baget Bozzo
bagetbozzo@ragionpolitica.it
martedì 21 agosto 2007
L'altra mafia
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